Chaos: Mille1 modi di Favorire e Monitorare la sostenibilità degli agrosistemi

Sintesi del progetto

Il presente progetto nasce dalla volontà espressa da alcune realtà territoriali della Valsabbia di  migliorare i propri cicli e sistemi produttivi in un’ottica di sostenibilità ambientale, di mantenimento  della fertilità e biodiversità dei suoli, oltre che di un aumento della resilienza degli stessi ai  cambiamenti climatici. Sotto tali premesse, è nata la proposta di collaborazione tra l’Azienda Pratello,  l’Azienda Mille1 e la Fondazione Edmund Mach (FEM), tesa ad unire in modo sinergico l’impegno verso  il raggiungimento di nuove conoscenze teoriche ed applicative spendibili su tutto il territorio locale, in  un’ottica di agricoltura sempre più ecologica e compatibile con i cicli naturali presenti negli ecosistemi.  Nello specifico, dopo un incontro di confronto e rilevazione dei fabbisogni degli attori territoriali  coinvolti, i punti di maggior interesse attorno ai quali il progetto è stato pianificato possono essere  riassunti come segue:  

Alla luce delle sistematiche revisioni determinate in sede europea riguardanti i dosaggi rameici  impiegabili nelle strategie di difesa fungina, è stata rilevata la volontà da parte degli attori territoriali  interessati di ricercare strategie di difesa alternative, che mantengano gli stessi livelli di efficacia ma  con il ricorso a minori dosaggi rameici. In tale contesto, il progetto ha proposto di impiegare software  di modellistica e di affiancare molecole coadiuvanti ai formulati rameici, in modo da ridurre i dosaggi  in modo commisurato al grado di sinergia raggiunto.

L’impiego di fanghi di depurazione sui suoli agricoli è una realtà diffusa sul territorio locale. Tale pratica  non è però immune da problematiche connesse tra le altre alla possibile presenza di metalli pesanti e  molecole organiche all’interno degli stessi ed alla conseguente contaminazione dei suoli oggetto di  addizionamenti. Alla luce di tale scenario, si è rilevata la volontà da parte degli attori locali di tutelare  la fertilità dei suoli aziendali mediante utilizzo di pratiche agronomiche sostenibili e di verificare l’eventuale presenza dei sopracitati contaminanti, che, se confermata avrebbe portato all’attivazione  di strategie di fitorimedio mediante varietà vegetali specifiche. In tale contesto, si sottolinea come tali  metodiche richiedano tipicamente tempi di esecuzione molto lunghi, qualificando il presente progetto  come da intendersi unicamente in un’ottica preliminare, mediante l’individuazione delle varietà  maggiormente adatte all’ambiente specifico e quindi replicabili da analoghe realtà locali.  

I costanti cambiamenti climatici, con il progressivo aumento delle temperature accompagnato dalla  concomitante diminuzione dei regimi pluviometrici medi, possono annoverarsi tra le maggiori minacce  alle produzioni su scala internazionale. In tale contesto, è stata rilevato da parte degli attori territoriali  la volontà di ricercare soluzioni in grado di mitigarne gli effetti negativi, aumentando la resilienza delle  colture e dell’ecosistema agrario. Alla luce di ciò, il progetto ha proposto l’impiego di cover-crops in  grado di generare un’utile protezione dall’insolazione diretta e una riduzione delle perdite di acqua  per evaporazione, prevedendo, inoltre, un loro impiego come sovescio da lasciare a protezione  naturale dei suoli.  

La costante perdita di fertilità su scala internazionale è correttamente percepita dalle realtà  interessate come tematica di primario rilievo, intendendo in tal senso attivarsi per preservarla,  incrementarla e recuperarla. A tal fine, è stato rilevato da parte degli attori territoriali coinvolti l’interesse a caratterizzare la fertilità dei suoli aziendali, in particolare dal punto di vista biologico,  ottenendo un valido strumento informativo per la scelta delle azioni future, pianificate sulla scorta  degli effetti generati dalle precedenti.

Alla luce delle costanti diminuzioni rilevate su scala globale nelle popolazioni di insetti pronubi, con  particolare riferimento ad Apis mellifera, è stata rilevata la volontà da parte degli attori territoriali  interessati di intraprendere azioni tese alla salvaguardia dei pronubi. Tale intento è stato declinato

mediante la ricerca di pratiche aziendali maggiormente compatibili sotto il profilo delle immissioni a fini fitoiatrici con la permanenza stabile di detti insetti utili e tramite l’implementazione di corridoi  fioriti come fonte nettarifera e zona di nidificazione.  

Il progetto ha previsto una durata complessiva di due anni.

A - Ricerca di strategie di difesa viticola attraverso metodiche atte a ridurre l’impiego di composti rameici ottimizzando le strategie di difesa

Il regolamento (UE) 2018/1981 ha introdotto importanti riduzioni degli apporti di rame in vigneto. Ad  oggi la quantità di rame impiegabile per ettaro nell’arco di sette anni ammonta a 28 kg ovvero una  media 4 kg/ha con un massimo fissato a 6 kg/ha. Nel contesto della viticoltura biologica e non solo  tale riduzione ha comportato un adeguamento dei piani di difesa da peronospora.  

Nell’ambito progettuale, in accordo con le aziende, si è deciso di sperimentare strategie di difesa  diversificate in un vigneto piano coltivato a Rebo e allevato a guyot in località Fornaci la cui  suscettibilità a Plasmopara viticola risultava importante e di difficile gestione in conduzione biologica.

Dati meteo e modello DSS  
Per monitorare l’andamento climatico dello specifico vigneto si è ritenuto necessario disporre di dati relativi a temperatura dell’aria, umidità relativa, bagnatura fogliare e precipitazioni. Questo ha  permesso di avere indicazioni precise relativamente allo sviluppo di patogeni quindi calibrare la  

strategia di difesa in modo mirato e consapevole, compatibilmente con l’operatività aziendale.  A inizio stagione 2021 è stata quindi installata da parte dell’azienda Pratello una stazione meteo  DigitEco (Fig. A.1) adiacente al vigneto in prova e interfacciata, con il supporto di FEM, al modello DSS  Rimpro plasmopara (https://rimpro.cloud/fr/platform/downy-mildew-plasmopara) in grado di fornire  indicazioni su base previsionale circa le infezioni peronosporiche e tracciare l’andamento della  patologia a seconda delle condizioni meteo climatiche registrate dai sensori di campo.  I dati meteo sono consultabili accedendo al sito https://www.agrometeo.digiteco.it/pratello con le  apposite credenziali. I parametri, orari o giornalieri, registrati dai sensori della stazione sono i seguenti:  temperatura minima, media e massima, umidità relativa minima, media e massima, pioggia (mm),  bagnatura fogliare (min) e velocità del vento (m/s).

Figura A.1 – Stazione meteo installata nel vigneto di loc. Fornaci (sx) e sensore di bagnatura fogliare (dx).

Figura A.2 – Interfaccia per la consultazione e il download dei dati forniti dalla stazione meteo DigitEco.

Nelle figure A.3 e A.4 si riportano gli output ex post del modello DSS delle infezioni modellizzate con i  dati meteo della stazione aziendale per la stagione 2021 e 2022.

Figura A.3 – Schermata di output del modello Rimpro vite 2021 basato sui dati della stazione meteo aziendale.

Figura A.4 – Schermata di output del modello Rimpro vite 2022 basato sui dati della stazione meteo aziendale.

L’output del modello (Fig. A.3 e A.4) è suddiviso in quattro sezioni. Nel riquadro sotto il grafico, le barre  blu scuro rappresentano le precipitazioni mentre le barre azzurre la bagnatura fogliare o l’umidità  relativa prossima alla saturazione.  

La sezione di grafico “oospore” modellizza le diverse fasi della maturazione delle oospore e della  produzione di zoospore. In questo periodo sono possibili le infezioni primarie. La parte centrale della  figura mostra il rischio di infezione e viene utilizzata per prendere decisioni, su base previsionale,  relativamente alla necessità di eseguire interventi fitosanitari. La scala di questa sezione è logaritmica  e divisa in quattro classi qualitative: rischio trascurabile (0), rischio leggero (10), rischio medio (100) e  rischio elevato (1000). Solitamente le infezioni con valore inferiore a 10 possono essere considerate  trascurabili, tuttavia, va sempre tenuto conto della sensibilità varietale e delle caratteristiche  microclimatiche del vigneto.

Le prime infezioni in vigneto derivano dalle spore primarie che maturano nel terreno e vengono  proiettate sulla vegetazione grazie alla forza cinetica della pioggia. Dopo l’infezione, che avviene per  via stomatica e un periodo di incubazione che dipende dalla temperatura e umidità relativa saranno  visibili le “macchie d’olio”. Le spore secondarie vengono prodotte da queste in fase notturna in  condizioni di bagnatura fogliare o umidità relativa prossima alla saturazione. La pioggia o comunque  la bagnatura fogliare possono veicolare le spore prodotte e dare il via a nuove infezioni. L’aumento  esponenziale della malattia è direttamente proporzionale alla quantità di macchie sporulate presenti  in pianta. Tale condizione, nel contesto applicativo aziendale, si è verificata a luglio 2021.  

Il grafico delle infezioni nel modello RIM non distingue tra infezioni primarie o secondarie. A livello  pratico, infatti, le infezioni vanno gestite indipendentemente dalla fonte delle spore.  Nella parte “epidemia” è modellizzata l’evoluzione della malattia nella condizione di non applicazione del fungicida e riporta il periodo di incubazione (le macchie di peronospora non sono ancora visibili),  l’emergenza delle macchie e la sporulazione. Gli interventi fitosanitari, quando ben posizionati,  limitano lo sviluppo di peronospora in pianta rispetto a quanto previsto dal modello.

Prove difesa antiperonosporica 2021  
A inizio campagna 2021 è stata allestita una prova comparativa di strategie antiperonosporiche nella  parcella di Rebo già menzionata con l’intento di ottimizzare e razionalizzare gli input di rame in vigneto  (Fig. A.5).

Figura A.5 – Vigneto oggetto di prova in loc. Fornaci e sito di installazione della stazione meteo.

Le tesi in osservazione riguardavano la comparazione della strategia normalmente applicata  dall’azienda rispetto all’utilizzo dell’olio di arancio dolce (es.: Prev-am, Limocide, ecc.) in addizione al  rame, una tesi in cui il dosaggio rameico veniva modulato in funzione del modello previsionale Rimpro  plasmopara e una parcella non trattata (testimone) per monitorare l’evoluzione, l’incidenza e le  principali infezioni di peronospora (Tab. A.1). Durante la stagione sono stati costantemente registrati  e condivisi dall’azienda gli interventi eseguiti nelle diverse parcelle e i dosaggi dei prodotti applicati.

Tabella A.1 – Strategie antiperonosporiche applicate in vigneto nella stagione 2021 e dettagli delle parcelle.

In figura A.6 sono riportati i dati relativi alla temperatura media dell’aria, precipitazione e bagnatura  fogliare nel periodo maggio-settembre mentre in tabella A.2 sono riassunte le medie mensili dello  stesso periodo. Il 2021, nel vigneto in prova, si è caratterizzato come un’annata molto difficile per la  gestione di peronospora a causa dei numerosi eventi piovosi e delle bagnature fogliari prolungate  verificatesi a metà maggio. Tali condizioni hanno dato inizio al ciclo delle infezioni primarie che hanno  portato successivamente a un rapido sviluppo di infezioni secondarie sulle foglie. I grappoli sono stati  significativamente interessati dalle infezioni secondarie a luglio, in coincidenza con le piogge cadute a  metà mese, che hanno provocato una forte sporulazione fogliare (vedi figura A.3 – sezione epidemia)  e quindi l’attacco su grappolo che era ancora ricettivo. Il monitoraggio sulla parcella testimone è stato  interrotto dopo le infezioni primarie in quanto è stato trattato per consentire di preservare per quanto  possibile la vegetazione del vigneto vista l’entità delle infezioni.  

I trattamenti antiperonosporici sono stati 15 (Fig. A.6) e vista la forte pressione della malattia non è  stato possibile differenziare in modo significativo la strategia aziendale da quella DSS se non nelle  prime fasi dove la diffusione di peronospora non era così importante.

Figura A.6 – Temperatura media, bagnatura fogliare e precipitazioni maggio-settembre 2021. In nero sono  riportati i trattamenti antiperonosporici.

Tabella A2 – Temperatura e umidità media, sommatoria bagnatura fogliare e precipitazioni mensili da maggio a  settembre 2021. Dati stazione meteo aziendale Pratello.

I controlli sulle parcelle trattate sono stati eseguiti da parte di FEM per tutta la stagione e hanno  riguardato foglie e grappoli (figure A7 e A8). Vista l’entità e la diffusione delle infezioni i controlli su  foglia, nella fase di maggior pressione, sono stati eseguiti a tempo. Tale controllo consiste nel  conteggiare il numero di macchie di peronospora presenti in 5 minuti percorrendo a velocità costante  la parcella di vigneto in esame.

Attacchi significativi su foglie si sono registrati al 24 giugno, a seguito delle infezioni intercorse nella  prima decade del mese, e sono proseguiti fino al 30 giugno dove sulla tesi aziendale si è registrata una  media di circa 400 macchie rilevate in 5 minuti (Fig. A.7). La diffusione di peronospora sulle foglie ha  creato un inoculo importante in vigneto. Le piogge della prima decade di luglio hanno provocato  invece le infezioni a carico dei grappoli (larvata) a seguito delle forti sporulazioni (Fig. A.8).

Figura A.7 – Andamento della peronospora su foglia nelle tre tesi a confronto (2021).

Figura A.8 – Andamento della peronospora su grappoli come frequenza (linea continua) e intensità di attacco (linea tratteggiata) nelle tre tesi a confronto (2021).

Le strategie a confronto dimostrano che, nonostante la frequenza dei trattamenti rameici, la gravità  delle infezioni e la predisposizione climatica della zona hanno determinano importanti perdite di  produzione (Fig. A.9). Il miglior controllo di peronospora si è avuto sulle tesi RIM e olio di arancio  rispetto alla gestione aziendale. Questo risultato va imputato a un miglior posizionamento temporale  dei trattamenti preventivi delle tesi RIM e olio di arancio rispetto a quelli eseguiti dall’azienda che  talvolta hanno subìto ritardi per capacità operativa del cantiere. L’aggiunta dell’olio di arancio è  migliorativa rispetto alla gestione aziendale, tuttavia, simile al modello DSS. Si evince quindi che per  la buona riuscita della strategia di difesa antiperonosporica, in viticoltura biologica, il fattore principale  da tenere in considerazione è il posizionamento preventivo dei trattamenti. In bibliografia è  dimostrato che l’entrata stomatica della peronospora (infezione) avviene entro 1-2.5 ore dall’evento  infettante (pioggia). Questa finestra temporale non è di fatto compatibile con l’organizzazione e  l’esecuzione di un trattamento tempestivo o successivo all’evento piovoso. Quando, per motivi  organizzativi, si esegue il trattamento post-infezione bisogna considerare che l’efficacia è  significativamente ridotta o annullata.

Figura A.9 – Infezioni secondarie di peronospora su foglia (sx) e infezione larvata a carico del grappolo (dx) nel  vigneto in prova.

In tabella A.3 sono riportati i dettagli riassuntivi della campagna difesa 2021. Il dosaggio medio di rame  applicato, pur variando nei primi trattamenti antiperonosporici per la gestione con DSS, risulta di 268  g/ha in tutte e tre le tesi per un totale annuale di 3.75 kg.

Tabella A.3 – Dosaggio medio di rame per trattamento, numero di interventi e rame totale per ettaro applicato  nel 2021.

Prove difesa antiperonosporica 2022
Nella stagione 2022, alla luce delle risultanze e criticità emerse nel 2021, la stessa parcella in prova è  stata riorganizzata estendendo i confronti riguardo il modello DSS e introducendo la variabile  defogliazione zona grappoli (Tab. A.4). Le tesi RIM 1 e 2 sono state impostate pensando di impiegare  un prodotto rameico a più veloce rilascio di ioni rame (es. idrossido) qualora nella stagione si fossero  verificate infezioni gravi (Fig. A.4, livello “high”). In questo modo si sarebbe potuta scorporare  l’efficacia della strategia a gestione aziendale, da quella relativa al modello DSS con e senza l’aggiunta  del formulato rameico a più rapido rilascio di ioni Cu2+. La campagna difesa è stata costantemente  condivisa tra l’azienda, i tecnici FEM coinvolti nel progetto e i tecnici SATA operanti sul territorio della  Valtenesi.

Tabella A.4 – Confronti di strategie antiperonosporiche applicate in vigneto con variabile relativa alla gestione  della chioma (defogliato e non defogliato) nella stagione 2022 e dettagli delle parcelle.

L’andamento climatico del 2022 è risultato non idoneo al verificarsi di infezioni peronosporiche in  vigneto. Infatti, la piovosità di aprile e maggio (Tab. A.5, Fig. A.11) è stata di appena 66 mm. I  trattamenti preventivi eseguiti fino a maggio sono stati 4 per la gestione aziendale e 3 per la strategia  DSS per un totale rispettivamente di 7 e 5 (Tab. A.6, Fig. A.11). Il clima particolarmente favorevole ha  permesso di contenere significativamente gli apporti di rame per ettaro che si attestano a 1.78 kg per la gestione aziendale e 1.18 per le tesi RIM 1 e 2. 

A seguito dei controlli di campo, eseguiti durante la stagione, si è registrata la totale assenza di  peronospora sulla parcella testimone (nessun trattamento antiperonosporico) e sulle parcelle trattate  (Tab. A.7). Nella valutazione ex-post del modello DSS Rim (Fig. A.4) le infezioni riportate sono risultate di bassa intensità e confermando di fatto la buona corrispondenza tra situazione di campo e rischio  previsto dal modello.

Figura A.10 – Particolare di zona grappoli defogliata lato nord (sx) e non defogliata (dx). La defogliazione espone  i grappoli alla luce, migliora il microclima e la copertura dei grappoli con i prodotti fitosanitari.

Figura A.11 – Temperatura media, bagnatura fogliare e precipitazioni maggio-settembre 2022. In nero sono  riportati i trattamenti antiperonosporici eseguiti sulla parcella a gestione aziendale, in arancio quelli sulle  parcelle RIM 1 e 2.

Tabella A.5 – Temperatura e umidità media, sommatoria bagnatura fogliare e precipitazioni mensili da maggio a  settembre 2022. Dati stazione meteo aziendale Pratello.

Tabella A.6 – Dosaggio medio di rame per trattamento, numero interventi e rame totale per ettaro applicato  nel 2022.

Tabella A.7 – Incidenza su foglie e grappoli di peronospora e oidio relativi all’ultimo controllo della stagione 2022.  Da notare la totale assenza in vigneto di infezioni peronosporiche e diffusione contenuta di oidio.

Verifica macchine irroratrici. Aspetti qualitativi e quantitativi della distribuzione.  

Alla base di una razionale difesa fitosanitaria in viticoltura biologica c’è la scelta degli adeguati prodotti  fitosanitari e la loro applicazione in corrispondenza di una reale necessità, attraverso una corretta ed  efficiente modalità di distribuzione. Per questo motivo, una volta definita la dose minima efficace per  la difesa fitosanitaria, è fondamentale essere in grado di ridurre il più possibile la quota di trattamento  che non arriva a bersaglio o arriva in difetto in talune parti della parete vegetativa o sui grappoli. Il  livello di copertura della vegetazione varia in funzione delle condizioni di utilizzo, della taratura delle  macchine utilizzate e della forma della chioma che si modifica con il procedere della stagione a seguito  degli accrescimenti e delle pratiche di gestione a verde.  

Per questi motivi nel corso del 2021, in due momenti della stagione (24 giugno e 13 luglio), è stata  verificata la qualità e quantità di distribuzione di due macchine irroratrici (Fig. A.12) presenti in  azienda, una delle quali impiegata sulla parcella interessata dalle prove peronospora sopracitate, al  fine di valutare gli apporti quantitativi e la qualità di distribuzione del rame nelle diverse parti della  vegetazione.

Le prove sono state condotte replicando in pieno campo le stesse modalità di trattamento utilizzate  normalmente a livello aziendale. Per la verifica degli apporti di rame sulla vegetazione sono stati  eseguiti prelievi ripetuti di foglie in 3 posizioni della chioma (Fig. A.13) prima e dopo il trattamento.  Questo ha consentito di discriminare, tramite lavaggio con soluzione diluita di acido nitrico e  determinazione mediante ICP-OES, il rame totale presente sulla vegetazione, derivante dagli accumuli  dei trattamenti precedenti, da quello apportato con la singola irrorazione effettuata nella prova.  Parallelamente a questa attività sono state pinzate sulle foglie delle cartine idrosensibili (Fig. A.13)  nelle medesime parti della chioma interessate dai prelievi per la quantificazione del rame. La  valutazione qualitativa della copertura è stata effettuata sia in pagina superiore che in pagina inferiore  delle lamine fogliari. Questo particolare è importante in quanto l’entrata della peronospora nei tessuti  vegetali avviene per via stomatica quindi dalla pagina inferiore.  

In tabella A.8 sono riassunti i dettagli relativi alle macchine impiegate, alla loro impostazione e ai campionamenti effettuati.

Figura A.12 – Macchine irroratrici impiegate nelle prove distribuzione. Le lettere A, B e C indicano le posizioni di campionamento in funzione della modalità di irrorazione della macchina.

Figura A.13 – Schematizzazione della forma della chioma nelle due epoche di rilievo (sx). Le sigle rappresentano  rispettivamente la zona bassa esterna (BE), interna (BI) e alta (A) della vegetazione. Esempio di posizionamento  di cartina idrosensibile in pagina superiore della lamina fogliare (dx).

Tabella A8 – Dettagli relativi alle macchine testate e ai campionamenti effettuati per la determinazione degli  apporti quantitativi di rame sulla vegetazione e per la verifica della qualità di distribuzione.

Figura A.14 – Apporti di rame sulle diverse parti della vegetazione (A, BE e BI) per le macchine testate nelle due  prove di campo a seguito di un trattamento eseguito a 400 g/ha di rame metallo.

I risultati della prima prova (24/6) hanno permesso di evidenziare alcune criticità distributive. In  particolare, gli apporti di rame, conseguenti a una distribuzione di 400 g/ha, risultavano ridotti in  corrispondenza delle parti interne della chioma (BI) per la macchina VMA (sigle A e B) e per la parte  alta (A) della macchina Florida. La parte bassa interna della vegetazione risulta essere particolarmente  importante per la protezione dei grappoli, un apporto di rame insufficiente in questa zona si traduce  in scarsa efficacia della strategia di difesa applicata. Considerando che la media degli apporti rameici  nei trattamenti normalmente eseguiti dall’azienda varia dai 200 ai 300 g/ha i valori presenti in figura  A.14 vanno proporzionalmente abbassati e valutati in funzione del range ottimale di protezione che  varia dai 5 ai 10 mg/mq di rame.  

A seguito di tali evidenze le macchine sono state ottimizzate mediante regolazione degli organi e la  distribuzione è stata verificata nuovamente nella prova del 13 luglio (Fig. A.14, sezione 2).  Generalmente si può apprezzare un aumento del quantitativo di rame depositato sulla vegetazione e  il raggiungimento di una situazione di omogeneità nelle diverse zone della chioma, per ogni macchina  e modalità di distribuzione testata, a parità di rame apportato.  

Parallelamente è stata valutata la percentuale di copertura con cartine idrosensibili nelle due pagine fogliari. Nelle figure A.15 e A.16 si riportano unicamente i risultati ottenuti in pagina inferiore in quanto, trattandosi di strategie antiperonosporiche, in questa zona è importante ottenere la maggior  percentuale di superficie coperta.

Figura A.15 – Percentuale di copertura misurata con cartine idrosensibili nelle diverse parti della vegetazione (A, BE e BI) per le macchine testate nelle due prove di campo.

In nessuna posizione, per nessuna macchina e modalità di distribuzione testata sono emerse  differenze significative di copertura. Si evidenzia, nella prova 1, un’ampia variabilità dei dati per il  nebulizzatore VMA mentre per la macchina Florida (C) (Fig. A.15) si rilevano le percentuali più basse  di copertura che raggiungono, solo nella parte bassa esterna, valori mediani del 30%.  

A seguito della regolazione delle macchine, nella prova 2, è stato possibile verificare un generale  incremento della copertura nella pagina inferiore per tutte le macchine a confronto. A livello statistico  la copertura è significativamente migliorata per le tesi B e C (Fig. A.16) mentre per la tesi A è  apprezzabile la riduzione di variabilità tra i valori minimi e massimi.

A.16 – Percentuale di copertura misurata con cartine idrosensibili per le macchine testate nelle due prove  di campo.

Nel 2022 le prove di distribuzione sono proseguite con l’obiettivo di quantificare gli apporti di rame sui grappoli in funzione della defogliazione o non defogliazione della zona grappoli.  A seguito della scarsa piovosità della stagione è stato possibile effettuare un’unica prova in  corrispondenza dell’invaiatura. Il trattamento con rame a 500 g/ha è stato eseguito il 1 agosto sulla  tesi aziendale già in essere per le prove di difesa sopracitate. La quantificazione del rame apportato è  stata effettuata su acini campionati in otto ripetizioni a seguito del trattamento. Il campionamento è stato eseguito avendo cura di prelevare gli acini da tutto il grappolo evitando di scegliere unicamente  le parti direttamente esposte al trattamento. La determinazione del rame è avvenuta con le stesse  modalità descritte nella parte relativa alle foglie.  

Il 20 agosto a seguito di piogge cumulate pari a 71 mm è stato ripetuto il campionamento per valutare  la quantità di rame ancora presente sugli acini. In figura A.17 sono riportati i dati ottenuti dai due prelievi per le tesi sfogliate e non sfogliate.

Figura A.17 – Dilavamento del rame su grappolo a seguito delle piogge (71 mm) intercorse nel periodo 1-20  agosto 2022.

In tale contesto applicativo non si è verificato un maggior accumulo di rame sulla tesi defogliata. Un unico apporto rameico probabilmente non è sufficiente per determinare differenze quantitative a  carico dei grappoli esposti direttamente al trattamento. Il dilavamento di rame, a 20 giorni  dall’applicazione e dopo 71 mm di pioggia, risulta significativo. Si passa per entrambe le tesi da valori  medi di 2 mg/kg di uva a 1 mg/kg. Il numero limitato di trattamenti rameici effettuati nel 2022 si  testimonia anche dalla bassa presenza di residuo rameico riscontrato sulle uve. La messa a punto delle 

macchine irroratrici in contesti di forte pressione di peronospora è fondamentale per ottimizzare gli  input rameici viste le ridotte quantità a disposizione e la mancanza, al momento attuale, di prodotti  alternativi che possano contribuire al miglioramento della sua distribuzione sulla parete vegetativa e grappoli.

B - Sperimentazione in campo di varietà vegetali da fitorimedio o di pratiche volte al miglioramento delle performance ecologiche delle colture di interesse economico nei contesti locali sui suoli addizionati di fanghi di depurazione e riceventi aspersioni rameiche per caduta

L’appezzamento in oggetto è un vigneto di Rebo giovane, sito in località Fornaci, una zona dell’azienda  in piano a 200 m s.l.m.. Una parte del vigneto si estende in una superficie precedentemente trattata  con fanghi di depurazione. I suoli delle due zone (zona 1 – trattata e zona 2 – non trattata) sono stati  caratterizzati dal punto di vista chimico-fisico e biologico, al fine di capire se la zona 1 fosse  contaminata o caratterizzata da una bassa fertilità.  

Sono state definite le tesi sperimentali da applicare in vigneto nella zona 1, al fine di  implementare/conservare la fertilità del vigneto e, allo stesso tempo, avere un’azione di  biorimediazione qualora fosse stata riscontrata una contaminazione. Pertanto, in inverno 2021 e poi  in autunno 2021 gli interfilari del vigneto sono stati seminati con due tipologie di sovescio: un mix ricco  in graminacee, in grado di implementare la componente carboniosa del terreno (tesi T1) ed un mix  arricchito in leguminose, in grado di arricchire il terreno in azoto disponibile (tesi T2). Tra le specie  seminate per entrambi i miscugli erano presenti specie utilizzate anche a scopo di fitorimedio. In alcuni  filari della tesi T1 è stato distribuito nel sottofila letame (Tab. B.1) alla dose di 300 q/ha di materiale  fresco, come fonte di nutrienti (tesi T1+L). Gli interfilari lasciati ad inerbimento spontaneo sono stati  utilizzati come controllo (tesi C). La figura B.1 mostra il piano sperimentale.

Tabella B.1 – Caratterizzazione chimica del letame di cavallo apportato sui filari della tesi T1+L del vigneto  Fornaci.

Figura B.1 – Mappa del piano sperimentale del vigneto Fornaci. I: interfilare inerbito, S: interfilare sovesciato.

Le analisi di caratterizzazione eseguite sui suoli delle zone 1 e 2 per verificare l’eventuale  contaminazione hanno riguardato molecole ed elementi tipicamente riscontrabili in fanghi di  depurazione e previsti dalla relativa normativa: idrocarburi policiclici aromatici (IPA), policlorobifenili  (PCB), perfluoroalchili (PFAS), cromo esavalente, metalli pesanti e non metalli (Pb, Cd, Zn, V, Be, Ni,  Cu, Co, As, Se, Sb, Hg, Tl, Cr). I risultati ottenuti (Tab. B.2 e B.3) non hanno evidenziato contaminazione  del terreno del vigneto oggetto di studio. I valori riscontrati sono, infatti, risultati inferiori ai limiti di  legge riportati per i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale (D.Lgs 152/06 e s.m.i., Titolo V,  All. 5 – Tab. 1 – Colonna A).  

Anche le indagini sulla fertilità chimica e sulla qualità biologica (QBS-ar) del suolo condotte sui  campioni della zona 1 e della zona 2 (Tab. B.4) non hanno mostrato differenze tra le due zone del  vigneto e i risultati hanno evidenziato complessivamente un buon livello di fertilità.

Tabella B.2 – Concentrazioni totali di metalli, non metalli e IPA nei suoli del vigneto Fornaci prelevati negli  interfilari delle zone 1 e 2 al tempo zero. LIM1 e LIM2 rappresentano le concentrazioni soglia di contaminazione  nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d’uso dei siti da bonificare, rispettivamente “siti ad  uso verde pubblico, privato e residenziale” e “siti ad uso commerciale e industriale” (D.Lgs 152/06 e s.m.i., Titolo  V, All. 5 – Tab. 1 – Colonna A e B).

Tabella B.3 – Concentrazioni di PCB e PFAS nel suolo del vigneto Fornaci prelevato nell’interfilare della zona 1  del vigneto Fornaci al tempo zero. LIM1 e LIM2, ove presenti, rappresentano le concentrazioni soglia di  contaminazione nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d’uso dei siti da bonificare,  rispettivamente “siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale” e “siti ad uso commerciale e industriale”  (D.Lgs 152/06 e s.m.i., Titolo V, All. 5 – Tab. 1 – Colonna A e B).

Tabella B.4 – Valori medi ± deviazione standard delle caratteristiche chimico-fisiche e della qualità biologica del suolo del vigneto Fornaci al tempo zero. I valori sono riferiti alla sostanza secca.

Pertanto, si è proseguito a valutare l’effetto della pratica del sovescio sul mantenimento e  sull’incremento della fertilità dei suoli nel contesto pedoclimatico locale. Al momento della  maturazione (Fig. B.2), in prossimità dello sfalcio, è stata determinata la biomassa fresca e secca degli  erbai in prova (Tab. B5). L’autunno-inverno 2020-2021 non ha consentito l’ottimale sviluppo dei  sovesci e le biomasse prodotte non sono state significativamente superiori rispetto al controllo con  inerbimento spontaneo (tesi C). A primavera 2022, al contrario, si sono registrate produzioni di  biomassa fresca e secca importanti in particolare nella tesi T2 (mix arricchito di leguminose). L’input  primario di sostanza organica con il sovescio è variato da 0.65 a 1.19 kg/mq ovvero da 4.5 a 8.5 volte superiore rispetto all’inerbimento spontaneo.

Figura B.2 – sovescio prossimo allo sfalcio (sx) e particolare di campionamento dell’erbaio per la quantificazione  ella biomassa fresca e secca (dx).

Tabella B.5 – Biomassa vegetale fresca e secca prodotta dall’inerbimento e dalle cover crop nelle tesi oggetto di  studio nei due anni di indagine.

La sostanza organica è un indicatore della fertilità globale del suolo in quanto contribuisce a migliorare  le caratteristiche fisiche (struttura, porosità, ritenzione idrica, aerazione, resistenza a erosione e compattamento), chimiche (disponibilità di nutrienti, pH) e biologiche (nutrimento ed energia per il  biota del suolo, biodiversità e funzionalità del suolo). L’utilizzo del sovescio in vigneto ha mostrato  complessivamente un effetto positivo sulla sostanza organica del suolo (Fig. B.3.a). In particolare, il  miscuglio della tesi T1, costituito in prevalenza da graminacee, ha determinato un incremento  statisticamente significativo di sostanza organica, dal 2020 al 2022, dopo soli due anni di gestione, pari  al 23%. Lo stesso mix abbinato alla distribuzione di letame sulla fila, sebbene non ne abbia favorito un  aumento, ha contribuito a ridurre la variabilità di campo negli interfilari della tesi T1+L. Il miscuglio  della tesi T2 ha mostrato un tendenziale aumento di sostanza organica dopo due anni, seppure non  statisticamente significativo, pari al 20%. Per la tesi controllo tra inizio e fine studio non sono state  rilevate variazioni temporali. Nonostante la biomassa vegetale prodotta dall’erbaio T2 sia risultata  mediamente maggiore rispetto a quella prodotta dall’erbaio T1 al secondo anno di studio (Tab. B.5),  è verosimile ritenere che la componente carboniosa in grado di apportare sostanza organica al suolo  sia stata maggiore nel mix della tesi T1, costituito in prevalenza da graminacee.  

L’azoto totale è costituito in prevalenza da azoto organico e in minor misura da azoto minerale  (ammoniacale e nitrico). Attraverso il processo di mineralizzazione della sostanza organica, l’azoto  organico viene progressivamente trasformato in azoto minerale, assorbibile dalle piante. I risultati  (Fig. B.3.b) hanno mostrato che l’azoto totale del suolo della tesi T1 ha subito un incremento  temporale significativo dal 2020 al 2022, mentre i valori mediamente più alti riscontrati per le altre tesi dopo due anni di studio non sono risultati significativi dal punto di vista statistico. Sembra,  pertanto, verosimile attribuire l’incremento temporale di azoto totale del suolo nella tesi T1  all’aumento della sostanza organica e alla capacità dei microrganismi del suolo di organicare l’azoto minerale fissato a livello delle radici delle leguminose presenti nel miscuglio seppure in percentuale minore rispetto al mix della tesi T2.  

Il contenuto di nutrienti in forma disponibile (Tab. B6) non ha mostrato grosse oscillazioni tra l’inizio  (2020) e la fine (2022) della sperimentazione, pur mostrando, in alcuni casi, incrementi circoscritti nel  2021, probabilmente legati all’effetto annata. Interessante è il dato del potassio nella tesi T1, il cui  decremento temporale significativo sottolinea che si tratta un elemento che viene sottratto al sistema mediante l’asportazione delle uve e che, pertanto, va reintegrato sotto forma di matrici organiche.  L’utilizzo dello stesso miscuglio abbinato al letame di cavallo (T1+L), infatti, ha compensato  l’asportazione di potassio da parte delle viti, mantenendosi stabile nel tempo. Nella stessa tesi  ammendata, inoltre, il magnesio è aumentato a fine esperimento, evidenziando la capacità degli  ammendanti organici di fornire nutrienti.

Figura B.3 – Andamenti temporali di a) sostanza organica e b) azoto totale del suolo campionato in autunno 2020  (T0), 2021 e 2022 nel vigneto Fornaci nelle quattro tesi oggetto di studio. Lettere diverse (a,b) indicano differenze  significative tra anni all’interno di una stessa tesi (p≤0.05, n=4).

Tabella B.6 – Contenuto di macro e micronutrienti in forma disponibile (media ± deviazione standard) del suolo  campionato in autunno 2020 (T0), 2021 e 2022 nel vigneto Fornaci nelle quattro tesi oggetto di studio. I valori  sono riferiti alla sostanza secca. Lettere diverse (a,b) indicano differenze significative tra anni all’interno di una  stessa tesi (p≤0.05, n=4).

Nel biennio di studio sono state monitorate in estate e in autunno alcune attività enzimatiche del  suolo, indicatori di fertilità biologica in quanto responsabili dei processi di decomposizione della  sostanza organica e di liberazione dei nutrienti. Questi parametri danno indicazione sullo stato di  salute dei suoli e rispondono rapidamente alle variazioni ambientali e alle tecniche colturali. Le attività  enzimatiche monitorate sono le seguenti:  

  • ATTIVITÀ IDROLASICA TOTALE: è legata ad un ampio gruppo di enzimi ad attività lipasica,  proteasica ed esterasica ed è considerata un accurato indicatore dell’attività eterotrofica totale  dei microrganismi del suolo. È relazionata alle attività demolitive di tipo idrolitico dei funghi e dei  batteri. Rappresenta un indice complessivo del potenziale di rilascio di nutrienti inorganici da  matrici organiche. È strettamente correlato alla respirazione basale della comunità microbica del  suolo.
  • ATTIVITÀ FOSFATASICA: le fosfatasi partecipano al ciclo del fosforo in quanto catalizzano il rilascio  del fosfato (fosfomonoesterasi) o del pirofosfato (fosfodiesterasi) da matrici organiche, rendendo  l’elemento disponibile per la nutrizione minerale delle piante. Le fosfomonoesterasi sono  classificate in acide e basiche in base al loro optimum di attività in risposta al pH del suolo. Tali  enzimi sono principalmente accumulati nel terreno, mentre il contributo dei microrganismi  proliferanti può essere considerato irrilevante. L’attività fosfatasica è considerata un buon indice  per valutare la potenziale mineralizzazione del fosforo organico. L’aggiunta di concimi minerali  fosfatici deprime sensibilmente l’attività fosfatasica. 
  • ATTIVITÀ GLUCOSIDASICA: le glucosidasi sono largamente presenti nel suolo e rappresentano gli  enzimi chiave del ciclo del carbonio. Idrolizzano la sostanza organica liberando residui glicosidici  (glucosio) utilizzati dai microrganismi del suolo come fonte energetica. Sono prodotte da piante,  animali, funghi e batteri e si trovano legati ai colloidi del suolo. L’attività, che in molti suoli è  risultata significativamente correlata con le pratiche agronomiche, è da considerarsi un ottimo  indice per la valutazione delle performance produttive e del grado di evoluzione dei suoli. 
  • N-ACETIL-β-D-GLUCOSAMINIDASI: catalizza l’idrolisi dei residui dell’N-acetil-β-D-glucosamina  dalle catene terminali di chitooligosaccaridi. È una delle tre chitinasi che degradano la chitina, uno dei biopolimeri più abbondanti nel suolo, rappresentando un importante pool transiente di C e N,  composto dagli amino zuccheri che costituiscono il 5-10% di N organico nei terreni. È riconosciuta  come una frazione significativa dell’azoto legato all’humus nel suolo. Le attività dell’enzima  chitinasi sono state studiate in relazione alla decomposizione dell’azoto organico o all’attività  microbica. Studi recenti dimostrano che le gestioni colturali influenzano l’attività della β glucosaminidasi nei terreni e che l’attività di questo enzima è significativamente correlata alla  mineralizzazione a lungo termine dell’N, suggerendo che questa attività potrebbe essere utilizzata  come indice della mineralizzazione N.

Complessivamente, in soli due anni di indagine, è stato riscontrato un tendenziale o significativo  aumento dell’attività biologica dei terreni sovesciati rispetto al controllo inerbito (Fig. B.3). L’attività  idrolasica nel secondo anno di prova (2022) ha mostrato valori più elevati del controllo nelle tesi T2 e  T1, rispettivamente nel periodo estivo (luglio 2022) e autunnale (ottobre 2022) (Fig. B.2.a). L’attività  β-glucosidasica e l’attività fosfatasica alcalina non hanno evidenziato differenze tra tesi nel corso dello  studio. L’attività N-acetil-β-D-glucosaminadisaca ha risposto in maniera significativa all’apporto al  suolo della biomassa derivante dal miscuglio T2, già dopo soli due mesi dallo sfalcio del primo anno.  L’attività fosfatasica acida è risultata più elevata nelle tesi T2 e T1+L rispetto al controllo,  rispettivamente in ottobre 2021 e luglio 2022. Complessivamente la pratica del sovescio ha dimostrato  di conservare e talvolta incrementare l’attività biologica del suolo, in funzione delle condizioni meteoclimatiche del suolo e del contenuto di macro e microelementi, quali prodotti di reazione,  componenti strutturali degli enzimi o cofattori enzimatici, a prescindere dal tipo di miscuglio.

Figura B.3 – Attivit. enzimatiche del suolo del vigneto Fornaci [ a) idrolasica, b) β-glucosidasica, c) β- glucosaminidasica, d) fosfatasica acida e e) alcalina], monitorate in luglio e ottobre 2021 e 2022 nella tesi controllo C, nelle tesi sovesciate con i due mix (T1 e T2) e nella tesi sovescio + letame (T1 + L). Lettere diverse (a,b) indicano differenze significative tra tesi (p≤0.05, n=4).

Durante la stagione produttiva del 2021 e del 2022 è stata misurata la dinamica della respirazione  totale del suolo, come flusso di CO2 emesso dalla superficie del suolo, che comprende tutti i processi  ossidativi del suolo, ovvero la respirazione delle radici e della fauna del suolo e la respirazione  microbica, che rappresenta l’insieme dei processi di decomposizione della sostanza organica. Questo  parametro è un indicatore biologico di fertilità del suolo, risponde rapidamente ai cambiamenti  ambientali e alle pratiche agronomiche e dà informazioni sulla funzionalità del suolo. La respirazione cumulativa (Fig. B.3.a), che accorpa tutte le misurazioni eseguite nell’arco stagionale per ogni tesi, nel  2021 è risultata statisticamente maggiore nella tesi T2 rispetto al controllo inerbito (C), mentre le tesi  col mix a prevalenza di graminacee (T1 e T1+L) pur non mostrando differenze significative,  sembravano esprimere valori di respirazione tendenzialmente maggiori rispetto a C. Nel 2022, a causa  della stagione molto arida, non sono risultate evidenti diversificazioni tra tesi. Analizzando la dinamica di respirazione (Fig. B.3.b), la tesi T2 ha mostrato valori più alti rispetto al controllo in primavera 2021  e in autunno 2022. Negli stessi periodi, seppur in maniera non statisticamente significativa, la tesi T1+L  ha prodotto un flusso di CO2 tendenzialmente più elevato.

Figura B.3 – Respirazione totale del suolo del vigneto Fornaci [ a) dinamica; b) cumulata], espressa come μmoli  di CO2 al m2 al secondo, monitorata nell’arco della stagione produttiva del 2021 e del 2022 nella tesi controllo  C, nelle tesi sovesciate con i due mix (T1 e T2) e nella tesi sovescio + letame (T1 + L). Lettere diverse (a,b)  indicano differenze significative tra tesi (p≤0.05, n=4).

La valutazione degli indici di biodiversità e qualità del suolo è indicatore di produttività, resilienza e  funzionalità dei sistemi agrari. I suddetti indici sono stati determinati a partire dallo studio della comunità di microartropodi del suolo del vigneto Fornaci. I valori più alti di biodiversità e qualità sono  stati riscontrati in autunno, essendo la comunità di microartropodi altamente influenzata dalla  stagionalità. Non sono state riscontrate differenze tra tesi e, a parità di stagionalità, non c’è stata  variazione tra il tempo zero (autunno 2020) e l’anno successivo all’inizio della prova. I valori autunnali  dell’indice QBS-ar indicano complessivamente una qualità discreta del suolo del vigneto, così come  indicato dal protocollo per la valutazione della biodiversità degli ecosistemi agricoli dell’organismo di  certificazione delle produzioni biologiche CCPB – Biodiversity alliance (Tab. B.7.b).

Tabella B.7 – a) Indici di biodiversità e qualità biologica del suolo (media ± deviazione standard, n=4) relativi alla comunità edafica di microartropodi, nelle tre stagioni di campionamento per le quattro tesi oggetto di studio  nel vigneto Fornaci. b) classi di qualità biologica del suolo basata sulla comunità di microartropodi in funzione  del tipo di coltura secondo il protocollo per la valutazione della biodiversità degli ecosistemi agricoli  dell’organismo di certificazione delle produzioni biologiche CCPB – Biodiversity alliance. S: ricchezza in taxa; QBS 

ar: indice di qualità biologica del suolo in funzione della comunità di microartropodi; H’: indice di diversità di Shannon; J: indice di equitabilità di Pielou.

È, infine, stato valutato il grado di colonizzazione micorrizica arbuscolare dell’apparato radicale delle  piante, al fine di monitorare lo stato fisiologico delle viti. I funghi interessati alla simbiosi appartengono  all’ordine Glomales e contribuiscono ad implementare l’assorbimento di acqua e nutrienti, soprattutto  fosforo, da parte della pianta. Il metodo di valutazione utilizzato si basa sull’analisi microscopica delle  radici colonizzate e su una successiva elaborazione matematica dei valori ricavati, che fornisce la  percentuale di micorrizazione. I prelievi, effettuati in autunno del 2021 e del 2022, hanno interessato  le radici più sottili delle viti, ovvero quelle maggiormente coinvolte nei meccanismi di assorbimento. L’indice e l’intensità di micorrizazione calcolate (Tab. B.8) hanno mostrato valori simili tra tesi e  tendenzialmente bassi, indicando di una buona fertilità del terreno del vigneto. Infatti, laddove i suoli  sono ricchi di nutrienti in forma disponibile ed hanno una buona capacità di ritenzione idrica, la pianta non trae vantaggio dall’instaurare relazioni simbiotiche con organismi che, a loro volta, ricaverebbero  biosintetati dall’organismo ospite.

Tabella B.8 – Indice di micorrizazione % e intensità di micorrizazione % determinati in autunno del 2021 e 2022  sulle piante delle tesi oggetto di studio del vigneto Fornaci. I valori per ogni tesi sono determinati su un campione  unico raccolto su piante diverse ed accorpato per ottenere un campione omogeneo rappresentativo per ogni  tesi.

C - Ricerca di strategie di lotta alla siccità, all’inaridimento ed all’eccessiva evapotraspirazione e perdita di sostanza organica dei suoli vitati con aumento della resilienza verso i cambiamenti climatici

Al fine di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici ed aumentare la resilienza delle colture  all’aridità si è scelto di impiegare cover crops/sovesci in grado di ridurre l’insolazione diretta e  l’evapotraspirazione del suolo e limitarne la perdita della qualità e della fertilità. L’appezzamento in  oggetto è un vigneto di Chardonnay, sito in località Brusadilì, una zona collinare arida dell’azienda a  236 m s.l.m.. In autunno del 2020 e del 2021 sono state seminate due tipologie di sovescio: una  costituita da un mix di graminacee arricchito in leguminose (tesi M1) ed uno costituito da un mix  equilibrato di graminacee, leguminose, brassicaceae e boraginaceae (tesi M2). Le due tesi sovesciate  sono state confrontate con un controllo a inerbimento spontaneo (tesi C). Il disegno sperimentale del  vigneto è mostrato in Fig. C.1. Per ogni tesi, al secondo anno di prova si è, inoltre, voluto testare come  la diversa gestione degli erbai influisse sulla fertilità del suolo. In particolare, nel 2022 all’epoca dello  sfalcio, la copertura di alcuni interfilari delle due tesi sovesciate (M1 e M2) è stata rullata (Fig. C.2),  allettando le cover crops sulla superficie del suolo, quella dei rimanti interfilari è stata trinciata e  lasciata sul suolo. Questa prova non ha prodotto risultati significativi in quanto non sono state  evidenziate differenze né tendenziali né statistiche tra le due gestioni dell’erbaio, probabilmente a  causa della grave siccità dell’annata produttiva 2022, che ne ha azzerato il confronto. Pertanto, i dati  di questo confronto non verranno mostrati.

Figura C.1 – Mappa del piano sperimentale del vigneto Brusadilì. I: interfilare inerbito, S: interfilare sovesciato.

Figura C.2 – Roller crimper impiegato per l’allettamento dei sovesci in alternativa alla trinciatura (sx). Effetto dell’allettamento e maturazione dell’erbaio devitalizzato (dx).

Il suolo campionato al tempo zero (2020) prima della semina autunnale è stato caratterizzato dal  punto di vista della fertilità chimico-fisica e della qualità biologica (Tab. C.1). Complessivamente il  suolo del vigneto è risultato avere una bassa-moderata capacità di ritenzione idrica, un impasto  franco-franco sabbioso, un’alta dotazione calcarea ma una buona fertilità chimica in termini di  disponibilità e riserva di nutrienti (sostanza organica). La qualità biologica del suolo è risultata  mediamente discreta (CCPB – Biodiversity alliance).

Tabella C.1 – Valori medi ± deviazione standard delle caratteristiche chimico-fisiche e della qualità biologica del suolo del vigneto Brusadilì al tempo zero. I valori sono riferiti alla sostanza secca. AWC (Available Water Capacity)  teorica (riferita a 1 metro di profondità).

La quantificazione delle biomasse dei sovesci nelle due annate di studio è stata effettuata in prossimità  della trinciatura o rullatura dell’erbaio. È stata determinata la biomassa fresca e secca dei miscugli in  prova (Tab. C.2). I risultati ottenuti al primo e secondo anno hanno dimostrano l’effettivo contributo dei sovesci in termini di biomassa. Nonostante il vigneto sia in una zona arida, la semina nel periodo autunnale risulta ottimale per le condizioni di umidità e temperatura al fine di garantire un’adeguata crescita degli erbai da sovescio. In entrambe le annate, infatti, la sostanza secca prodotta è  significativamente più elevata nelle tesi M1 e M2 rispetto al controllo (C).

Tabella C.2 – Biomassa vegetale fresca e secca prodotta dall’inerbimento e dalle cover crops nelle tesi oggetto  di studio nei due anni di indagine.

Ad inizio e fine sperimentazione, nel periodo autunnale è stato valutato l’effetto dei miscugli di  sovescio sulla riserva idrica del suolo, come AWC (Available Water Capacity). Due anni di indagine non sono risultati sufficienti per riscontrare una variazione su questo parametro fisico del suolo, che  richiede tempi abbondantemente più lunghi. Infatti, i valori misurati nel 2020 e nel 2022 sono risultati  simili o addirittura identici per tutte e tre le tesi di studio (Tab. C.3).

Tabella C.3 – Valori medi ± deviazione standard (n=4) della AWC misurata nello strato 0-20 cm di suolo al tempo  zero e dopo due anni per le tesi inerbita e sovesciate.

Il contenuto di sostanza organica, rappresentato in Fig. C.3 come andamento annuale per ogni tesi,  non ha mostrato variazioni temporali nella tesi controllo (C) e nella tesi sovesciata con il miscuglio di  graminacee arricchito in leguminose (M1), mentre per la tesi M2 sovesciata con un mix equilibrato, è  stato evidenziato un incremento statisticamente significativo in due anni di prova pari al 42%. Questo risultato, confrontato con quello ottenuto per il vigneto Fornaci, evidenzia che, a seconda delle  condizioni ambientali e della tipologia di suolo, stessi mix possono rispondere in maniera diversa.  

Le concentrazioni disponibili di nutrienti (N, P, K e Mg) non hanno evidenziato complessivamente  variazioni temporali per tesi, né sono state riscontrate differenze tra tesi. Quindi i miscugli utilizzati  non hanno contribuito ad aumentare o a diminuire la disponibilità dei nutrienti e la presenza di  leguminose non ha avuto un effetto di incremento della frazione minerale o sulla organicazione in  azoto organico.

Figura C.3 – Andamenti temporali di sostanza organica del suolo campionato in autunno 2020 (T0), 2021 e 2022  nel vigneto Brusadilì nelle tre tesi oggetto di studio. Lettere diverse (a,b) indicano differenze significative tra anni  all’interno di una stessa tesi (p≤0.05, n=4).

Tabella C.4 – Contenuto di macronutrienti (media ± deviazione standard) del suolo campionato in autunno 2020  (T0), 2021 e 2022 nel vigneto Brusadilì nelle tre tesi oggetto di studio. I valori sono riferiti alla sostanza secca.

Per valutare l’effetto dei diversi sovesci sul miglioramento della fertilità biologica del suolo e,  conseguentemente, sulla mitigazione della sua suscettibilità alla siccità, sono stati misurati la  respirazione totale del suolo, indicatore biologico dell’attività metabolica, monitorata nel corso della  stagione vegeto-produttiva, e gli indici di qualità biologica del suolo (QBS-ar) e di biodiversità in  funzione della comunità di microartropodi (Fig. C.4).

Figura C.4 – Analizzatore del flusso di anidride carbonica emessa dal suolo (sx) e campionamento del suolo (dx).

La respirazione cumulativa (Fig. C.5.a) nel 2021 non ha mostrato differenze significative tra tesi a causa  di un’ampia distribuzione della varianza dei dati delle tesi M1 e M2. Ciononostante, i valori mediani  delle tesi sovesciate sono risultati tendenzialmente più alti del controllo inerbito. Nel 2022, invece, la  tesi M1 ha espresso un flusso cumulativo di CO2 statisticamente maggiore rispetto al controllo,  mentre il mix M2 ha mostrato una situazione intermedia tra M2 e C. Analizzando l’intera dinamica di  respirazione (Fig. C.5.b), è stato riscontrato che la tesi M1 ha mostrato valori statisticamente più alti  rispetto al controllo in primavera 2021 e in primavera 2022. Negli stessi periodi, seppur in maniera  non statisticamente significativa, la tesi M2 ha prodotto un flusso di CO2 tendenzialmente più elevato.  Complessivamente l’utilizzo del sovescio ha prodotto un effetto positivo sull’attività biologica del  suolo in soli due anni di studio.

Figura C.5 – Respirazione totale del suolo del vigneto Brusadilì [ a) dinamica; b) cumulata], espressa come μmoli  di CO2 al m2 al secondo, monitorata nell’arco della stagione produttiva del 2021 e del 2022 nella tesi controllo C e nelle tesi sovesciate con i due mix (M1 e M2). Lettere diverse (a,b) indicano differenze significative tra tesi  (p≤0.05, n=4).

Gli indici di biodiversità e qualità del suolo determinati a partire dallo studio della comunità di  microartropodi hanno mostrato anche per il vigneto Brusadilì valori più alti in autunno (Tab. C.5). Non  sono state riscontrate differenze tra tesi e, a parità di stagionalità, non c’è stata variazione tra il tempo  zero (autunno 2020) e l’anno successivo all’inizio della prova. I valori autunnali dell’indice QBS-ar  indicano complessivamente una qualità discreta del suolo del vigneto, così come indicato dal  protocollo per la valutazione della biodiversità degli ecosistemi agricoli dell’organismo di certificazione  delle produzioni biologiche CCPB – Biodiversity alliance (Tab. B.7.b).

Tabella C.5 – Indici di biodiversità e qualità biologica del suolo (media ± deviazione standard, n=4) relativi alla comunità edafica di microartropodi, nelle tre stagioni di campionamento per le tre tesi oggetto di studio nel  vigneto Brusadilì. S: ricchezza in taxa; QBS-ar: indice di qualità biologica del suolo in funzione della comunità di  microartropodi; H’: indice di diversità di Shannon; J: indice di equitabilità di Pielou.

D - Monitoraggio della fertilità biologica dei suoli oggetto di studio nei diversi contesti aziendali

I suoli di tre tipologie di ecosistemi agrari e naturali del contesto aziendale, bosco, seminativo e oliveto,  sono stati investigati in funzione del loro stato di fertilità e qualità (Fig. D.1).

Figura D.1 – Panoramica del contesto aziendale oggetto di studio con sistemi diversificati (sx) e l’oliveto (dx).

La caratterizzazione chimico-fisica dei terreni è stata eseguita in due epoche, primavera 2021 e  autunno 2022. I risultati (Tab. D.1) hanno mostrato che i tre ecosistemi sono molto diversi tra loro. Il  bosco possiede un suolo franco, moderatamente calcareo, subacido, ricco in sostanza organica, ben  dotato in azoto totale e fosforo assimilabile, con una media dotazione in potassio scambiabile, molto  ricco in magnesio scambiabile, ricco in ferro e manganese assimilabili, con livelli di concentrazione  disponibile di metalli pesanti molto bassi. L’oliveto ha un suolo franco-sabbioso, estremamente  calcareo, subalcalino, ricco in sostanza organica e azoto totale, molto ricco in P assimilabile, potassio  e magnesio scambiabili, ricco in ferro e manganese assimilabili, con bassi livelli di concentrazione  disponibile di metalli pesanti. Il suolo del seminativo è franco-limoso, molto calcareo, subalcalino, con  un buon contenuto di sostanza organica, ben dotato in azoto totale, molto ricco in fosforo assimilabile,  con una media dotazione in potassio e magnesio scambiabili e una normale dotazione in ferro e  manganese assimilabili, con livelli di concentrazione disponibile di metalli pesanti molto bassi (ARPAV,  2007).  

L’analisi multivariata delle componenti principali (Fig. D.2) ha spiegato il 72% della varianza totale dei  dati ed ha evidenziato la netta diversificazione dei suoli dei tre ecosistemi, che risultano nel grafico  chiaramente separati in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche. I vettori in rosso rappresentano  le variabili che contribuiscono maggiormente alla separazione tra i gruppi ed, in particolare, le variabili  che caratterizzano maggiormente l’ecosistema lungo la direzione delle frecce.

Tabella D.1 – Valori medi ± deviazione standard (n=4) delle caratteristiche chimico-fisiche del suolo dei tre  sistemi bosco, oliveto e seminativo in due epoche di indagine. I valori sono riferiti alla sostanza secca.

Figura D.2 – Analisi delle componenti principali in funzione delle variabili fisico-chimiche del suolo di bosco,  oliveto e seminativo. La scala di colori dei vettori indica il diverso contributo che esprimono le variabili nel  determinare la separazione tra i gruppi.

Per valutare la qualità biologica, la produttività, la resilienza e la funzionalità dei tre ecosistemi è stato  effettuato uno studio sulla composizione e sulla biodiversità della comunità dei microartropodi e  sull’attività biologica del suolo.  

In primavera 2021, nei tre ambienti sono stati raccolti 13584 esemplari di microartropodi appartenenti a 18 taxa: Collemboli (57.3%), Acari (27.3%), Emitteri (6.8%), Imenotteri (3.0%), Pauropodi (1.6%),  Proturi (1.0%), Ditteri (larve), Coleotteri, Sinfili, Chilopodi, Isopodi, Tisanotteri, Araneidi, Dermatteri,  Lepidotteri, Diplopodi, Pseudoscorpioni e Dipluri (<1.0%). L’analisi dettagliata delle frequenze per i singoli ambienti ha evidenziato come Pseudoscorpioni e Sinfili siano presenti solo nel bosco,  Dermatteri e Dipluri solo nell’oliveto ed Emitteri siano prevalenti nel seminativo (Fig. D.3). L’analisi  della composizione della comunità di artropodi eseguita mediante la Non-metric Multi-Dimensional  Scaling (NMDS) (Fig. D.4) ha mostrato una netta separazione tra i tre ambienti. Per quanto riguarda gli  indici di biodiversità, il bosco risulta l’ambiente con un maggiore numero di taxa (S) e con il maggior  numero di gruppi “rari” (S.Chao1), ovvero i taxa presumibilmente più sensibili (Tab. D.2). Inoltre,  l’indice di qualità biologica del suolo (QBS-ar) del bosco è risultato statisticamente il più alto tra tutti  e tre gli ecosistemi. Il seminativo, al contrario, è risultato essere l’ambiente con gli indici biologici  significativamente più bassi, pur presentando un numero di individui per metro quadro (abbondanza)  più alta rispetto agli altri ambienti.

Figura D.3 – Plot di frequenza. Distribuzioni rappresentative delle comunità dei tre diversi ambienti del  contesto ambientale (bosco, oliveto, seminativo) in primavera 2021.

Figura D.4 – Non-metric Multi-Dimensional Scaling (NMDS) plot basato sulla dissimilarità di Bray-Curtis, che  mostra la composizione della comunità di microartropodi dei suoli dei tre ecosistemi del contesto aziendale in  primavera 2021.

Tabella D.2 – Valori medi ± errore standard (n=4) degli indici di biodiversità dei tre sistemi bosco, oliveto e  seminativo in primavera 2021. Lettere diverse (a,b) indicano differenze significative tra anni all’interno di una  stessa tesi (p≤0.05).

L’attività biologica dei tre suoli in autunno 2022 è risultata legata al grado dell’attività antropica e degli  apporti naturali e/o agronomici di sostanza organica e nutrienti. L’attività idrolasica totale ha mostrato  i valori più alti nell’oliveto e più bassi nel seminativo (Fig. D.5.a), mentre il bosco ha mostrato valori  intermedi. L’attività -glucosidasica non ha mostrato differenze tra ambienti diversi (Fig. D.5.b),  esprimendo valori simili. L’attività -glucosaminidasica è risultata maggiore nel suolo del bosco  rispetto al seminativo (Fig. D.5.c), indicando che questa attività metabolica è particolarmente  impattata dall’attività agricola. Al contrario, l’attività fosfatasica ha esibito i valori più alti nel suolo del  seminativo rispetto al bosco (Fig. D.5.d e D.5.e), verosimilmente a causa degli apporti di letame che  vengono praticati in azienda nel corso della stagione produttiva. È, infatti, ampiamente noto che  l’utilizzo di questo ammendante in agricoltura è in grado di apportare elevate quantità di fosforo in  forma organica, che rappresenta il substrato di reazione delle fosfatasi.

Figura D.5 – Attività enzimatiche del suolo dei tre ecosistemi indagati (bosco, oliveto e seminativo) monitorate  in autunno 2022 [a) idrolasica, b) β-glucosidasica, c) β-glucosaminidasica, d) fosfatasica acida e e) alcalina].  Lettere diverse (a,b) indicano differenze significative tra tesi (p≤0.05, n=4).

E - Monitoraggio della presenza, ricchezza ed abbondanza di apoidei apiformi non gestiti mediante bee hotel e trappolamenti con Pan traps sia nelle aree aziendali con prevalente vegetazione seminaturale che all’interno dei vigneti più estesi.

Il monitoraggio degli Apoidei Apiformi ha previsto il posizionamento delle Pan Traps (Fig. E.1) in due siti dell’azienda. Nello specifico sono stati individuati due transetti (uno a Brusadilì e uno a Fornaci)  con 5 plots distanziati di 5 metri uno dall’altro; in ciascun plot sono state collocate tre pan traps una  gialla, una blu e una bianca. I colori utilizzati sono stati ottenuti con vernici speciali con una  componente che riflette gli UV. Il posizionamento delle pan traps è stato effettuato alla metà dei mesi  di aprile a luglio, durante il 2021 e da marzo a settembre durante il 2022.

Figura E.1 – Posizionamento delle Pan traps.

In totale sono stati raccolti preparati 257 Apoidei Apiformi non Apis nel 2021 e 457 nel 2022. I generi  più frequentemente rilevati sono stati: Andrena, Antophora, Bombus, Ceratina, Eucera, Halictus,  Lasioglossum, Osmia e Xylocopa.  

Nel complesso sono state individuate 34 morfospecie, 19 morfospecie erano presenti a Brusadili e 24  a Fornaci. Nel complesso la diversità morfospecifica è risultata essere buona dimostrando l’importanza delle scelte agronomiche volte a ridurre l’impiego di prodotti fitosanitari e delle semine di sovesci. Come sopra detto sono stati posizionati 5 Bee Hotel in diversi punti dell’azienda. Nonostante questi  siano stati posizionati a stagione avanzata e alcuni problemi relativi alla stabilità dei Bee Hotel (alcuni  sono caduti), alcune cannucce sono state colonizzate. La percentuale di colonizzazione media dei Bee  Hotel è stata del 2.5% con un massimo del 3.9 ed un minimo dello 0.54%. Sebbene la percentuale di  colonizzazione non sia così elevata al momento, la permanenza in loco dei Bee Hotel negli anni  avvenire potrà favorire una colonizzazione maggiore e quindi assicurare una maggiore presenza di  quegli apoidei che nidificano all’interno di cavità preesistenti.

F - Monitoraggio ambientale mediante le matrici delle api mellifiche per individuare eventuali contaminazioni da pesticidi o di altra origine (miele, polline, cera) e della ricchezza floristica mediante lo studio dell’origine botanica dei pollini raccolti dalle api mellifiche e del miele da loro prodotto.

Durante il 2021 sono state posizionate 6 colonie di api che sono state utilizzate per la raccolta di  polline. I campionamenti di polline sono stati eseguiti da aprile a luglio con cadenza mensile. I campioni  di polline raccolti nei 4 mesi sono stati utilizzati sia per le analisi botaniche sia per analisi chimiche per  rilevare la presenza di eventuali contaminanti.  

Dal punto di vista dei residui complessivamente sono stati rilevati 18 principi attivi, di cui 11 fungicidi,  3 insetticidi di cui uno utilizzato contro le zanzare, due erbicidi, e 2 inibitori (Fig. F.1). La concentrazione  dei diversi principi attivi risulta bassa con l’unica eccezione del mese di giugno in cui vi è una  concentrazione elevata di un insetticida (allethrin).

Figura F.1 – Presenza dei diversi principi attivi nei 4 campionamenti effettuati durante la stagione.

Per valutare l’effetto di questi principi attivi nei confronti delle api mellifere è stato calcolato il  quoziente di rischio del polline (PHQ) che mette in relazione la concentrazione di ciascun principio  attivo con la tossicità dello stesso nei confronti delle api. Sommando i PHQ di tutti i principi attivi  ritrovati in un campione di polline otteniamo il quoziente di rischio totale del polline che ci dà  un’indicazione della tossicità che quel polline può avere per le api mellifere che se ne nutrono. I dati  ottenuti indicano che il quoziente di rischio del polline per le api mellifere è basso nei mesi di aprile,  maggio e luglio, è medio nel mese di giugno (Fig. F.2).

Figura F.2 – Quoziente di rischio totale del polline per le api nei campioni raccolti durante la stagione.

Durante il 2022 le analisi dei residui sono state eseguite nei mesi di marzo, aprile, maggio, giugno,  agosto e settembre (Fig. F.3). Nel mese di luglio non è stato possibile analizzare il polline per alcuni  problemi tecnici. I campioni di giugno, agosto e settembre sono risultati privi di residui. Il mese di maggio è quello in cui si sono trovati il maggior numero di residui. I residui riscontrati nei campioni di  polline analizzati sono riconducibili a principi attivi che non sono stati utilizzati nelle strategie di difesa  adottate dall’azienda e derivano molto probabilmente dal polline raccolto su colture confinanti le aree  di pertinenza dell’azienda. Dobbiamo considerare che le api bottinano in un raggio di 1.5-3 km, ma  che per la raccolta di polline possono arrivare a distanze molto maggiori. Nel complesso sono stati  rilevati quattro fungicidi, un insetticida, un erbicida e un inibitore.

Figura F.3 – Presenza dei diversi principi attivi nei 6 campionamenti effettuati durante la stagione 2021.

Per quanto riguarda il quoziente di rischio per le api anche nel 2022 questo si è attestato su valori  molto bassi, al di sotto della soglia di PHQ= 50 o nulli, indicando una situazione dell’agroecosistema a  basso rischio per le api mellifere e nei mesi di agosto e settembre a rischio nullo (Fig. F.4).

Figura F.4 – Quoziente di rischio totale del polline per le api nei campioni raccolti durante la stagione 2022.

I campioni di polline raccolti da ciascun alveare sono stati analizzati anche dal punto di vista botanico  (fig. F.5). A tal fine 2 grammi di polline sono stati sciolti in 40 ml di acqua distillata, 20 microlitri di  questa soluzione sono stati posti su un vetrino inclusi in gelatina glicerinata e successivamente  osservati al microscopio. Per ogni vetrino preparato sono stati conteggiati e identificati circa 500  granuli pollinici. La biodiversità dei pollini è maggiore nei mesi di aprile e maggio durante il 2021, mentre sembra minore nel 2022. Risulta importante il ritrovamento di pollini di piante utilizzate nei  sovesci ad indicare che questi possono essere una fonte importante non solo per il nettare ma anche  per il polline, alimento fondamentale per le api.

Figura F.5 – Esempio di composizione botanica del polline raccolta da un alveare nell’azienda di Pratello durante  il 2021 e 2022.

G - Creazione di un percorso didattico-ricreativo basato su una casa d’api, una serie di Bee Hotel e di pannelli didattici correlati agli apoidei apiformi ed alla flora di interesse apistico

Figura G.1 – Casa d’api realizzata presso l’azienda

Nel corso dell’autunno 2020 sono state indicate una serie di piante mellifere sia erbacee che arbustive  per la realizzazione di un percorso didattico da piantare nell’intorno della casa d’api (Fig. G.1) che è  stata realizzata nella primavera del 2021. L’impianto delle essenze nettarifere non è andato a buon  fine e quindi non è stato ancora possibile realizzare il percorso didattico riguardante la flora  nettarifera. Per quanto riguarda gli apoidei, sono stati posizionati 5 Bee Hotel all’interno dell’azienda  che sono stati in parte colonizzati da osmie e megachili (Fig. G.2).

Figura G.2 – Particolare della colonizzazione della cannucce presenti nei Bee Hotels

Per la creazione del percorso didattico ricreativo sono stati preparati dei cartelli con i generi di apoidei  ritrovati con maggior frequenza durante i campionamenti effettuati nelle due stagioni 2021 e 2022  nelle aree di Brusadilì e Fornaci. Di seguito i pannelli preparati:

Diffusione dei risultati del progetto  

I dati del progetto sono stati presentati a:  

  • CONAVI 2020 – 8° Convegno Nazionale di Viticoltura. 5-7 luglio 2021, Udine, Italia.  ● CONAVI 2022 – IX Convegno Nazionale di Viticoltura. 13-15 giugno 2022, Conegliano (TV), Italia.  ● Bee Natural Festival. 5-7 agosto 2022, Montebello di Bertona (PE), Italia. ● Giornata tecnica della Fondazione Edmund Mach, Centro Trasferimento Tecnologico – Prove

sperimentali in viticoltura biologica 2022. 4 agosto 2022, San Michele all’Adige (TN), Italia.  ● 47th Apimondia International Congress. 24-27 agosto 2022, Istanbul, Turchia.  Eurbee9: 9th European Congress of Apidology. 20-22 settembre 2022, Belgrado, Serbia. ● 43° Congresso Nazionale della Società Italiana della Scienza del Suolo – Il suolo nella transizione  ecologica per lo sviluppo sostenibile. 5-7 ottobre 2022, Roma, Italia.  

  • Convegno finale progetto “CHAOS: Mille1 modi di favorire e monitorare la sostenibilità degli  agrosistemi”. 13 dicembre 2022, Padenghe sul Garda (BS), Italia.

Bibliografia  

  • Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (2007).  L’interpretazione delle analisi del terreno. Strumento per la sostenibilità ambientale. ISBN 88- 7504-115-6.  
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